Archivos diarios: 27 abril, 2016

Juan Mayorga recibe en Rumanía el premio de Nuevas Realidades Escénicas de la UE

Jardín quemadoSegún informa la noticia, publicada ayer por el diario El País, el dramaturgo español, que ya tiene dos Premios Nacionales y 5 Max, y que publicó en nuestra editorial  la obra El Jardín Quemado, se ha hecho acreedor de dicho reconocimiento.

Juan Mayorga aparece en el panorama del teatro español al iniciarse la década de 1990, cuando surgen una generación de autoras y autores que rompen algunos de los esquemas utilizados por sus inmediatos antecesores.  El Jardín Quemado es un texto estructurado en cinco secuencias. Un prólogo y un epílogo que se encuentra dentro de la fórmula dramática de teatro histórico en el que la realidad pasada es el telón de fondo de una reflexión y de una recuperación. El autor lo hace explícito desde la acotación inicial con la que marca el espacio y el tiempo elegidos para desarrollar su fábula: “En España, a finales de los años setenta”.

La serie Antología Teatral Española, a la que pertenece la obra, está coordinada por César Oliva y Mariano de Paco,  y sigue, desde sus inicios, fomentando la creación y la práctica teatral de los dramaturgos, con obras como las recientemente publicadas, El caso Garay, y Bartolomé encadenado.

 


Entrevista a Gérard Delille autor de ‘El Alcalde y el Cura’

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Gérard Delille en la presentación de “El alcalde y el cura” en la Universidad de Murcia

 

Entrevistamos a Gérard Delille tras la publicación de su libro “El Alcalde y el Cura. Poder central y poder local en el mediterráneo occidental, siglos XV-XVIII” cuya primera edición fue realizada en el año 2003 por Éditions de L’EHESS . El libro, que amplia la problemática de Familia y propiedad en el Reino de Nápoles, investiga las estructuras del poder local en diversos ámbitos mediterráneos, centrándose en los mecanismos de las construcciones políticas.

Pregunta: ¿Por qué decidió investigar de una forma comparativa, las estructuras del poder local en diversos ámbitos mediterráneos? Particularmente, ¿en qué zona mediterránea profundiza más su obra?

Respuesta: Spesso, il mondo mediterraneo occidentale, considerato, specialmente per quanto riguarda  la città, il suo governo e il diritto vigente, erede della civiltà romana, è visto come un’entità politica, amministrativa e culturale fortemente unitaria. In realtà è un mondo travagliato da differenze e da evoluzioni profondamente divergenti. Nei miei studi, ho cercato di mostrare, in particolare, come tra il Quattro e l’Ottocento, si è imposto, nel rapporto tra elite locali e accesso al potere, una divaricazione profonda tra la Francia meridionale sempre più censitaria (si accede a certe cariche in funzionedi un certo livello di ricchezza), l’Italia del Nord e del Centro, dove si afferma un sistema a ceto unico (i “nobili”), spesso molto chiuso, e la penisola iberica/Italia meridionale dove persiste il vecchio sistema medievale a due ceti, spesso dominato dai nobili. Quest’ultimo sistema di governo è stato specialmente al centro della mia indagine. Ho insistito, in particolare, suimodi di costruzione delle fazioni (bandos), sulle lotte di potere che conducevano, sulle reti spesso estese e complesse cui davano origine.

P: ¿Qué similitudes encuentra entre el sistema político del Mediterráneo Occidental que estudia en su libro, con la actualidad política? ¿Y respecto al estado de igualdad y desigualdad?

R: La Francia del sud, l’Italia centro-settentrionale, economicamente più dinamiche, più “progressiste” sul piano politico (movimento risorgimentale nell’Italia del Centro-Nord, correnti radicali e socialiste nella Francia del Sud), si sono contrapposte, per tutto il Sette e Ottocento a un’Italia meridionale e a una penisola iberica più conservatrici e poco dinamiche. Tali disuguaglianze si sono fatte sentire fino alla fine dei regimi autoritari in Spagna e Portogallo negli anni Sessanta-Settanta del XX secolo e l’avvio del forte decollo economico di questi paesi.

P: ¿A qué o a quiénes, se refiere con “las dos mitades” a las que hace alusión en su libro?

R: Sono i due ceti di governo: da una parte i “borghesi” o artigiani ricchi o agiati, iscritti al ceto dei “popolari” (Pecheros), dall’altra i “nobili” (Hidalgos). L’appartenenza al ceto si trasmette in modo ereditario (tuttavia, sotto i primi Asburgo sarà possibile entrarvi comprando una carica) e ciascuno accede a mansioni ben determinate e differenziate (generalmente i “popolari” sono destinati a funzioni amministrativi, i “nobili” a funzionigiurisdizionali) che possono variare da una città all’altra e da un periodo storico all’altro, secondo i rapporti di forza.

P: ¿A quién se dirige este libro?

R: Al di là della “grande” storia politco-istituzionale, diplomatica, militare delle diverse entità statali, ho cercato di descrivere una struttura sociale e politica più profonda, per certi versi più stabile anche se non indifferente alle scosse dalla grande politica (per esempio la Nova Planta imposta da Filippo V alla Catalogna) e le sue evoluzioni interne sono state spesso decisive a tutti gli altri livelli della società e della politica. Cosi, le relazioni di parentela e di alleanza che erano, nel Cinque e primo Seicento alla base delle costruzioni delle reti di potere, tendono, sopratutto nel Settecento, a lasciare il posto a relazioni di tipo clientelare.

P: ¿Qué aporta a la historia política y social de la época?

R: Spero una metodologia e uno sguardo diverso; si tratta di mostrare che dietro un episodio, un racconto politico o semplicemente l’azione di un personaggio, si celano relazioni, alcune “ereditate”, di parentela, alleanze, clientele, altre sapientemente costruite, politiche, ma che spesso sfoceranno in nuove alleanze di più lunga durata. La descrizione precisa -che richiede il ricorso a una documentazione in grado di rivelare un insieme denso di relazioni tra gli individui-di questo tessuto sociale di base,lascia apparire continuità ed evoluzioni, regole e manipolazioni, gerarchie e scambi sociali spesso del tutto inaspettati. Retrospettivamente, tutto questo pone il problema della nostra “modernità”, dei cambiamenti sociali su cui si é costruita, della forza e delle fragilità delle sue basi politiche.

P: Háblenos acerca de su experiencia profesional

R: Ho lavorato a lungo, prima come membro e poi Direttore degli studi di storia moderna e contemporanea dell’Ecole Française de Rome, poi come membro del CNRS francese, sul Mezzogiorno d’Italia e sulla Spagna, perché potenza dominante. Sono stato sempre convito, e ho cercato di illustrarlo in questo lavoro, come già in quello precedente su Famiglia e proprietà nel Regno di Napoli,che l’interdisciplinarità e in particolare l’avvicinamento tra storia e antropologia sia fondamentale per riposizionarci sul piano metodologico e per ripensare i concetti con i quali abbordiamo le nostre ricerche. Una lunga permanenza come Professore presso l’Istituto Universitario Europeo di Firenze mi ha poi permesso di allargare notevolmente il mio campo d’indagini, convincendomi che il comparativismo, pur con tutte le sue difficoltà, è la via maestra che ci costringere, appunto, a ripensare i nostri concetti.

P: Para finalizar, si desea hacer algún apunte, contarnos algo que le resulte interesante…

R: Vi è oggi una forte tendenza a una nuova chiusura disciplinare; dobbiamo cercare di contrastarla ad ogni costo e rimanere aperto a suggestioni eapporti esterni.


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